Marilena Pasquali. "Lo specchio delle cose"

Marilena Pasquali. Critica d'arte contemporanea ed esperta di gestione dei musei italiana.
Testi "Lo specchio delle cose"

LO SPECCHIO DELLE COSE

La raffinatezza è forse l'elemento distintivo degli acquerelli di Tano Pisano, quello più immediatamente percepibile in tutta la sua opera. Ma, attenzione, il termine va preso nel suo significato primo, in quanto risultato di un complesso processo di depurazione, di semplificazione, di sublimazione, ciò che viene prima e dopo il farsi dell'immagine, ciò che è determinato e rende necessaria l'estrema qualità della pittura, la sua leggerezza, lo svariare dei toni luminosi, il rapprendersi e il diluirsi di quell'acqua colorata che - grazie a maestria e sapienza - si fa immagine.
Altrettanto evidente è in Tano Pisano il gioco delle varianti, l'insistere su pochi elementi, sempre gli stessi (brocche, ciotole, boccali, barattoli...semplici oggetti di atelier), per indagarne la forma, il carattere e metterne a fuoco l'identità segreta.
Che cosa cerca, a ben guardare, ogni vero artista oltre il quotidiano, oltre gli intenti estetici e le dichiarazioni di "militanza" stilistica? Egli cerca non la poetica, ma la poesia, non il teorizzare l'arte ma la sua genesi, tentando ogni volta, in ogni lavoro, di activare quel corto circuito fra immagine mentale e sua trasformazione in opera che solo consente la nascita di quest'ultima, grazie a quella scintilla che chiamiamo arte.
Non si pensi dunque che lavorare su pochi elementi sia limitato o limitante per 1'artista che, anzi, nell'indagare con costanza soltanto quella forma, quell'oggetto, a poco a poco ne scopre aspetti a prima vista non avvertibili, come velati da una gelosa ritrosia a mostrarsi, un raccogliersi nell'ombra che solo l'occhio innamorato del pittore può vincere.
Ecco che Tano prende una brocca e la fa girare su sè stessa davanti ai suoi ed ai nostri occhi, rivelandone qualche asimmetria e tutta la pienezza di forma, la pasta traslucida che assorbe e fa rimbalzare la luce e l'incavarsi dell'ombra fino all'intuizione di una nuova, artigliata presenza, che è tutto fuorchè morbida e rotonda. Oppure accosta due bicchieri alti e stretti, partendo da una ancora credibile concretezza di oggetto per giungere, attraverso passaggi e trasformazioni successivi, all'astrazione della forma geometrica pura, ad un "à plat" che sottrae spessore e volume all’immagine e la trasforma in icona. Oppure gioca con una ciotola bianca per créame un duplicato d'ombra e far sciogliere in atmosfera quel ricciolo di colore intenso che, come un cuore pulsante, vi è racchiuso.
Il trascorreré della luce sulle cose esalta in loro la leggerezza, qualità non effimera, sostanza non volatile, in quanto frutto di una metamorfosi della solidità - di cui conserva tutta la forza - in trasparenza, dono appunto della luce. Una luce non incorporea e neppure necessariamente sottile, che può farsi per stratificazioni ed ispessimenti anche colore o brace, persino sangue; ma che, per scelta dell'artista, assume più spesso l'aspetto liquido, evanescente, iridato di una polla d'acqua accarezzata dal calore dai raggi solari.
L'artista si rispecchia in questa sostanza trasparente, vi si "riflette" portandovi tutto sè stesso, pensieri e sentimenti, il desiderio di trasfondere la propria personalità in questi semplici oggetti che gli prestano la loro voce ed il loro volto senza chiedere altro in cambio se non il privilegio di apparire: loro è la forma, la superficie, mentre la sostanza è tutta interiore, è pura vibrazione emotiva, eco insistente di una personalità complessa e ricca di sfaccettature, fors'anche ripie-gata su sè stessa ma al tempo stesso assetata di mondo, di realtà esterna, di con-tatto con persone e cose che stanno intorno.
L'atto del rispecchiamento porta Tartista a caricare l'immagine di sensi multipli ed a conferirle volti sempre diversi, svariando da un massimo di incorporeità - acquerelli dissolti in pura luce, fino al limite del bianco su bianco - ad un pieno di carnalità - certi colorí raggrumati a sottolineare i contorni o una sostanza che si fa alabastrina, traslucida, cartilaginosa -, fino alia dissoluzione della materia, al suo disfarsi nell'inquietante avanzare dell'ombra che si annida tra le forme. In ogni caso, è il sentimento delle cose a renderle vive, quella qualità tutta speciale che appartiene soltanto agli artisti veri e che vale in senso oggettivo e soggettivo, come capacità di "sentire" le cose e come facoltà tutta interiore di conferir loro un'anima, quasi che - in un mondo di cui pare essersi perso ogni senso - soltanto in una sorta di animismo consapevole che riconosce vita e identità a tutto ciò che ci circonda, sia possibile convivere con un reale malato ed incomprensibile, donargli un pizzico di poesia fino a trasformarlo in pura effusione lirica.

Marilena Pasquali